GNGTS 2013 - Atti del 32° Convegno Nazionale

et al. , 1994), che si trovano intercalate alle argille marnose infrapleistoceniche, alla base del versante sud-orientale del vulcano. Orizzonti tholeiitici più recenti (320-250 ka) di ambiente sub-aereo, affioranti alla base del versante sud-occidentale, sanciscono l’inizio della graduale emersione dell’area (Catalano et al. , 2004). Questa si manifesta anche nelle aree orientali, con la messa in posto, in condizioni sub-aeree, di prodotti vulcanici di transizione da tholeiitici ad alkalini, la cui età varia da 225 ka a 168 ka (Gillot et al. , 1994). A partire da questa fase, la messa in posto dei prodotti alkalini si è realizzata durante i processi di morfogenesi attiva dell’area. Questo aspetto, insieme ad una netta variazione dello stile eruttivo da fissurale a cen- trale, determina una differente giacitura dei prodotti lavici. Nella fase finale di sollevamento, i prodotti antichi, caratterizzati da una notevole continuità laterale e giaciture regolari per il loro appoggio su superfici sub-orizzontali, sono stati modellati dai terrazzi marini più recen- ti, lungo la costa, mentre nei settori più interni sono stati reincisi da profonde valli fluviali. I prodotti più recenti, successivi all’inizio della morfogenesi, mostrano giaciture e continuità laterale profondamente influenzate dalla morfologia subvulcanica. Le diverse superfici di ero- sione che suddividono i prodotti lavici sono generalmente associate allo sviluppo di ingenti volumi di epiclastiti, riferibili alle principali fasi di deglaciazione tardo-quaternaria (Catalano e Tortorici, 2010) Substrato geologico e bedrock sismico nell’area etnea. Un aspetto prioritario da affrontare nel contesto vulcanico etneo è la definizione univoca dei criteri per l’attribuzione delle diverse unità litologiche al substrato geologico o ai terreni di copertura. I soli criteri litotecnici non sono sufficienti, in quanto nella successione stratigrafica etnea bisogna prevedere che livelli molto rigidi, tipici di un bedrock sismico, siano in effetti intercalati all’interno di tipici terreni di copertura, costituiti da depositi epiclastici e vulcanoclastici (Fig. 1). Nell’esecuzione degli studi di microzonazione di primo livello, è stata prevista la possibilità di attribuire i prodotti lavici alternativamente al substrato geologico, indicandoli come alternanza di litotipi, o alle coperture, catalogandoli, a loro volta, in funzione della geometria e della giacitura rispetto agli elementi topografici sepolti. Sono state omologate al substrato geologico tutte le lave che, alla scala delle aree di studio dei singoli comuni, poggiano direttamente sulle successioni sedimentarie del substrato pre-etneo, senza l’interposizione di depositi clastici di copertura. In questo caso va comunque sottolineato che non è implicito omologare le lave del substrato al bedrock sismico, in quanto esse generalmente poggiano su orizzonti argillosi non rigidi, con un contatto che marca una notevole discontinuità delle proprietà meccaniche. Le lave attribuite al substrato geologico non sono necessariamente appartenenti ad una determinata unità lito-stratigrafica. Tale attribuzione ha valenza locale e generalmente si riferisce agli orizzonti lavici che nelle varie aree pre-datano il terrazzamento marino e l’approfondimento del reticolo idrografico (Fig. 2). Al contrario, sono state omologate alle coperture, a prescindere dai caratteri litotecnici, tutti gli orizzonti lavici che non mostrano una continuità laterale a scala delle aree di studio, in quanto hanno ricoperto superfici topografiche articolate, oppure che poggiano o sono intercalate all’interno di livelli clastici di copertura. In entrambi i casi, si è ritenuto utile contemplare e distinguere alcune condizioni tipo di giacitura delle successioni laviche in funzione della geometria delle superfici di erosione sepolte. Tale approccio ha consentito di stabile una relazione diretta, verificata puntualmente sul terreno, tra le forme esterne dei campi lavici ed i loro caratteri litologici, primo fra tutti la ripartizione verticale e laterale tra porzione scoriacea e porzione massiva. Questa connessione tra morfologia esterna e litofacies è stata utilizzata come strumento per guidare la trasferibilità laterale delle informazioni delle stratigrafie dei pozzi, che sarebbe altrimenti risultata del tutto arbitraria. I caratteri tecnici riscontrati nei log di perforazione sono state, così, estese a tutti gli orizzonti appartenenti alla forma lavica attraversata dai sondaggi. La metodologia adottata ha richiesto una sostanziale revisione dei rilievi geologici disponibili, con l’acquisizione di una notevole mole di nuovi dati di terreno, ben al di là di quanto previsto per gli studi di primo livello. Tale necessità è nata 204 GNGTS 2013 S essione 2.2

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