GNGTS 2013 - Atti del 32° Convegno Nazionale

1 A e B). Inoltre, indagini di sismica a rifrazione hanno evidenziato considerevoli variazioni orizzontali di velocità delle onde sismiche, legate a discontinuità o eterogeneità laterali (Fig. 1 C). Tali condizioni impediscono una individuazione univoca del bedrock sismico, così come definito negli “Indirizzi e criteri per la microzonazione sismica” (Gruppo di lavoro MS, 2008). Il “vero” bedrock sismico probabilmente è da ricercare all’interno della potente successione argilloso-marnosa che costituisce il substrato sedimentario pre-vulcanico. In mancanza di misure dirette sulla velocità delle onde sismiche, facendo riferimento a dati raccolti nell’area di Catania, i valori delle Vs all’interno dei livelli più superficiali delle argille sono di circa 500- 600 m/s, per cui il bedrock sismico va ricercato nei livelli più profondi della successione, in corrispondenza dei quali si raggiungono stabilmente velocità superiori agli 800 m/s. Casi di studio. I risultati degli studi condotti nell’area etnea hanno permesso di definire una serie di geometrie tipo delle sequenze vulcaniche che sono state sintetizzate, prendendo spunto da alcuni casi di studio illustrati da altrettanti profili geologici realizzati lungo il basso versante orientale del Monte Etna (Fig. 2). La chiave di interpretazione adottata per la ricostruzione del modello di sottosuolo parte dal presupposto che nelle aree sommitali il grande volume di materiale vulcanico accumulato ha rapidamente fossilizzato la morfologia pre-esistente, rendendola di fatto ininfluente sulla distribuzione dei prodotti eruttivi successivi. Questi hanno dunque risentito esclusivamente della presenza di barriere topografiche costituite da edifici piroclastici o da lineamenti morfostrutturali connessi a faglie e campi di fratture. Al contrario, si è tenuto conto che nelle aree periferiche del vulcano, dove la frequenza delle invasioni laviche è stata inferiore e le colate laviche si sono accumulate con spessori limitati, i bassi morfologici hanno esercitato un controllo permanente, canalizzando le colate laviche, i depositi di flusso piroclastici e i depositi epiclastici di smantellamento degli edifici pre-esistenti. Pertanto, nelle aree periferiche del vulcano, morfologie superficiali apparentemente monotone, possono nascondere in sottosuolo notevoli spessori di lave, in corrispondenza di paleovalli oggi completamente sepolte, cui si contrappongono le zone degli originari alti morfologici, dove la copertura lavica recente è estremamente sottile o addirittura assente. Profilo 1. Il profilo 1 mostra le geometrie dei campi lavici distribuiti su un versante costiero terrazzato, nelle aree di Acicastello. In questo caso il substrato geologico è rappresentato dalle argille marnose pleistoceniche con la loro copertura sabbiosa. Nel caso specifico, le lave più antiche (Lave pleistoceniche) poggiano al tetto della successione sedimentaria e possono essere omolagate al substrato geologico. Il resto delle coperture laviche, rappresentate dalle colate laviche oloceniche e storiche, pur ricoprendo le superfici di abrasione modellate sulle argille senza l’interposizione di depositi clastici, sono state attribuite alle coperture. Tra le lave di copertura sono state distinte con un soprassegno rappresentativo della forma i prodotti lavici che compongono i ventagli di lava, rispetto alle colate che mostrano una distribuzione areale più uniforme. Le due differenti geometrie sono direttamente riconducibili alle caratteristiche reologiche degli originali flussi lavici, al gradiente della paleotopografia che esse hanno ricoperto e all’orientazione degli elementi morfologici pre-esistenti, rispetto alla direzione del flusso. Il versante sepolto dalle lave nel profilo 1 è stato raggiunto da flussi lavici circa ortogonali. In questo caso, le singole colate laviche tendono a mantellare, con spessori generalmente esigui, le porzioni di versante ad elevata acclività circa ortogonali al flusso, presentando spessori minimi in corrispondenza di orli di scarpata. In questi tratti, generalmente le colate si restringono e la loro morfologia è caratterizzata da una potente copertura scoriacea o a lastroni, connessa alla frammentazione delle porzioni più esterne raffreddate causata dall’accelerazione del flusso interno in corrispondenza del cambio di pendenza. Il risultato è che gli apici delle scarpate sepolte e tutti i tratti più acclivi dei versanti sono sepolti da una successione di lave poco spessa e costituita da una fitta alternanza di livelli scoriacei e massivi circa paralleli al versante sepolto. Una netta differenziazione delle geometrie delle lave di copertura contraddistingue le rotture di pendio al piede dei versanti sepolti. Nel caso di colate poco alimentate e di elevata viscosità, la colata tende a formare ventagli, caratterizzati da una fitta alternanza di 206 GNGTS 2013 S essione 2.2

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