GNGTS 2013 - Atti del 32° Convegno Nazionale

Le incisioni vallive interessano tutta la coltre di coperture vulcano-sedimentarie, fino a incide- re le argille sabbiose sovraconsolidate riferibili a MVA. La successione di riempimento delle incisioni vallive comprende, dal basso verso l’alto, 1) sabbie e ghiaie limose addensate per uno spessore di circa 5 metri (SFTba1,2, seguite da 2) limi argillosi (SFTba3), spesso organici (SFTba4), poco consistenti, per uno spessore di 30- 40 metri, all’interno dei quali si rinvengono intercalazioni di sabbie limose poco addensate (spessore massimo dei singoli corpi pari a 10 metri; litotipo SFTba2). I settori di fondovalle sono interessati da una potente coltre di coperture antropiche, con spessori variabili da 10 a 20 metri. Zona 10 - Tributari minori del Tevere. La zona comprende i settori di fondovalle riferibili ai tributari minori del Tevere (principalmente Velabro e Labicano), caratterizzati da valli molto strette (coefficiente di forma C >> 0.25) e un riempimento costituito da depositi alluvionali recenti (SFTba). Anche in questo caso, le incisioni vallive interessano tutta la coltre di coperture vulcano-sedimentarie, fino a interessare le argille sabbiose sovraconsolidate di MVA. La successione di riempimento delle incisioni vallive comprende limi argillosi (SFTba3), spesso organici (SFTba4), poco consistenti, per uno spessore di 20-30 metri, all’interno dei quali si rinvengono intercalazioni di sabbie limose poco addensate (spessore massimo dei singoli corpi pari a 10 metri; litotipo SFTba2). Le ghiaie basali (SFTba1) sono nettamente subordinate. I settori di fondovalle sono interessati da una potente coltre di coperture antropiche, con spessori variabili da 10 a 20 metri. Zone suscettibili di instabilità. Sono zone nelle quali gli effetti sismici attesi predominanti sono riconducibili a deformazioni permanenti del terreno, eventualmente associati a fenomeni di amplificazione del moto sismico. Zona suscettibile a crolli e ribaltamenti. Le aree suscettibili ad instabilità di versante per crolli e ribaltamenti sono collocate lungo le pendici di Palatino (settore occidentale), Campidoglio e Aventino (settore occidentale). Tali aree interessano generalmente litotipi tufacei litoidi, a volte fratturati, ai quali si intercalano depositi sedimentari sabbioso-limosi (FTR2) che, in relazione alla giacitura dei contatti stratigrafici e alle caratteristiche geotecniche, possono influenzare le condizioni di stabilità dei versanti. Queste ultime sono ulteriormente influenzate dalla presenza di strutture murarie e, soprattutto, di cavità prossime alla superficie lungo i versanti. I versanti soggetti a crollo e ribaltamento sono stati spesso stabilizzati con interventi atti a ridurne la pericolosità. Zona suscettibile a movimenti complessi. Tali aree interessano il versante settentrionale del colle Palatino, dove i litotipi limosi e sabbiosi della Formazione di Fosso del Torrino (FTR3 e FTR2, rispettivamente) assumono assetti giaciturali estremamente complessi, anche a causa delle profonde modificazioni indotte dall’azione antropica. Nella carta (Fig. 2) sono riportate anche le forme di superficie e sepolte (elementi tettonico- strutturali, orli di scarpata morfologica, valli). In corrispondenza delle valli sepolte sono attesi significativi effetti 2D come risonanza nelle valli strette ed effetti di bordo in quelle larghe, come riscontrato numericamente nell’Area Archeologica Centrale di Roma (Pagliaroli et al. , 2013b). Confronto con la distribuzione dei danni occorsi in occasione di eventi sismici passati. Nel corso di oltre 2500 anni di storia, Roma ha risentito dei terremoti delle aree sismogenetiche limitrofe (Appennino centrale e complesso vulcanico dei Colli Albani), registrando un numero di danneggiamenti al patrimonio storico e monumentale non trascurabile. Recentemente Galli e Molin (2013) hanno rivisitato la storia sismica di Roma con lo scopo di costruire un catalogo dei terremoti eccedenti la soglia di danno. Dalle informazioni presentate nel catalogo di sito emerge che l’intensità macrosismica di Roma non ha mai raggiunto l’VIII grado MCS negli ultimi due millenni. Almeno sei volte dovrebbe aver toccato il VII MCS, due casi dei quali 280 GNGTS 2013 S essione 2.2

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