GNGTS 2014 - Atti del 33° Convegno Nazionale

GNGTS 2014 S essione 1.3 201 delle banchine in età augustea, livelli di crollo e disfacimento associati a depositi limosi e limo-sabbiosi, con spessori variabili da pochi centimetri a circa 2.00 m. Le caratteristiche di tali depositi testimoniano la presenza di fenomeni ingressivi e di una falda acquifera sub-affiorante, che non provocano la sommersione e l’abbandono dell’area, ma rendono necessaria una serie di interventi di innalzamento e rifacimento delle strutture portuali e dei relativi piani pavimentali. A tale fase è attribuibile l’attuale pavimentazione (IV pavimento) del monumento, venuta alla luce a seguito degli scavi voluti nel 1750 da Carlo III di Borbone re di Napoli, e successivamente re di Spagna, nel luogo noto come la Vigna delle Tre Colonne. Nei settori più arretrati, invece, i movimenti bradisismici sono testimoniati dalla presenza di sottili livelli di abbandono a granulometria limosa, ma senza i potenti crolli che caratterizzano la zona costiera. I dati oggi disponibili indicano un parziale riassetto di alcune aree circostanti il Macellum , che viene anch’esso risistemato, come testimonia una fistula plumbea con il nome di Settimio Severo e la costruzione della tholos al centro della corte marmorea. In Età Postantica e Medievale i fenomeni di bradisismo negativo, ben attestati e noti dall’analisi delle fonti, nonché dallo studio delle tracce dei litodomi ( lithodomus lithophagus ) sulle colonne antistanti l’aula absidata del Macellum , causano l’innalzamento del livello marino fino a +7/+8 m e l’abbandono e la sommersione della città bassa. Di tale periodo non si ha testimonianza dalle indagini essendo tale fase ingressiva prevalentemente erosiva. In Età Vicereale e Borbonica la sedimentazione è costituita da sabbie generalmente di spiaggia, che testimoniano l’emersione postmedievale della città, con un avanzamento della linea di costa. Sono queste, infatti, le fasi di completa emersione dell’area della città bassa in relazione all’eruzione di Monte Nuovo (1538). Ciò determina un nuovo piano urbanistico, di cui troviamo traccia nelle indagini con il rinvenimento di resti di strutture nell’area antistante il Macellum . Successivamente, tra XVIII e XX sec. ampi settori della zona costiera di Pozzuoli sono interessati da opere di bonifica e livellamento tendenti a rialzare i piani, in relazione a nuove fasi di subsidenza attive fin alla prima metà del XX sec., quando le ben note crisi di sollevamento tra il 1972 il 1984 hanno invertito il “trend” generale. La colmata delle banchine portuali. Particolarmente importante appare Pozzuoli nella storia dell’ingegneria portuale, per l’uso dell’opera cementizia in gettate di moli e dighe. Il fatto è già messo in risalto da Strabone (V,4,6) che, parlando del “ grandissimo porto commerciale ” di Pozzuoli, ricorda gli “ ancoraggi artificiali (che si sono potuti fare) grazie alla natura favorevole della polvere ”, il pulvis Puteolanus , chiamata ancor oggi pozzolana. Abbiamo già accennato alle caratteristiche materiche dell’ opus caementicium , costituito da pezzame di tufo, in abbondante malta pozzolanica, estremamente ricca in nuclei di calce non sciolta e, in alcuni casi, non completamente rappresa, che risulta il nucleo portante della realizzazione dell’ampliamento a mare delle banchine realizzate in Età Augustea. La composizione materica ci conferma quanto riportato dalle fonti antiche, in particolare da Vitruvio, sulla realizzazione dei porti, che descrive ( De Architectura , V, XII) le tecniche fondamentali di costruzione delle strutture in acqua, basate su tre metodi: i primi due illustrano le opere da fare direttamente sul punto di destinazione, mediante gettata in casseforme di legno; il terzo contempla la realizzazione a terra di blocchi prefabbricati da gettare poi in acqua. Solo per il primo modo, Vitruvio prescrive esplicitamente l’impiego dell’ opus caementicium con pozzolana: “ la struttura del molo destinata a rimanere sott’acqua deve essere fabbricata con polvere pozzolana importata da quella regione che si estende da Cuma fino al promontorio di Minerva (Punta della Campanella – Sorrento), mescolandola in modo che si trovi in proporzione di due parti per una (di calce)”. Lo stesso autore descrive anche le proprietà del pulvis Puteolanus , sottintendendo la qualità pozzolanica dell’aggregato, che permette alla malta di resistere all’acqua e di solidificare anche in ambienti molto umidi, grazie alla presenza nel pulvis di una cospicua quantità di silicato d’alluminio. In sintesi, aggiungendo la pozzolana alla calce aerea, questa viene trasformata in calce idraulica.

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