GNGTS 2014 - Atti del 33° Convegno Nazionale

Il contributo dell’archeologia allo studio delle aree a rischio sismico A. Arrighetti, M. Sessa Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali - Università degli Studi di Siena Introduzione. La diffusione capillare di edifici storici ubicati in aree a rischio sismico sul territorio italiano pone il problema strategico della salvaguardia del Patrimonio Culturale, un tema che coinvolge tanto la sfera della Protezione Civile e della ricerca, quanto la cultura della conservazione. La collaborazione tra istituzioni, professionisti ed università ha recentemente condotto all’emanazione da parte del MiBAC delle “Linee guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale”, un decreto legge fondato sulla sinergia tra il sapere scientifico ed umanistico, emanato per standardizzare, per quanto possibile, le procedure per intervenire sui Beni Culturali in aree soggette a fenomeni sismici. Fra le discipline previste dalla normativa per le analisi preventive sull’edilizia storica in aree cosiddette sismiche riveste un ruolo importante l’archeologia, in quanto consente la “conoscenza” dei manufatti architettonici da preservare (vedi Capitolo 4 in MiBAC, 2010) attraverso lo studio e l’interpretazione degli interventi pregressi, delle modifiche e delle trasformazioni avvenute per cause antropiche e/o naturali e delle caratteristiche dei sistemi costruttivi. L’indagine archeologica può quindi fornire dati potenzialmente utili per conoscere la storia costruttiva degli edifici storici per valutare la loro vulnerabilità ma anche contribuire, entrando in contatto con altre discipline quali la geologia, la sismologia e l’architettura, alla conoscenza della storia sismica delle strutture e del loro contesto territoriale. Il contributo della archeosismologia alla conoscenza dei terremoti del passato attraverso l’analisi delle evidenze archeologiche è ampiamente riconosciuto da decenni in campo nazionale ed internazionale. Grazie a questo settore di studio interdisciplinare è possibile elaborare i dati ricavati da un’indagine archeologica nell’ottica di determinare informazioni relative a terremoti antichi noti, meno noti o sconosciuti (andamento di una faglia, epicentri di terremoti storici, microzonazioni sismiche, ecc.) difficilmente ricavabili attraverso qualsiasi altro tipo di analisi. Anche l’Archeologia dell’Architettura, che applica tecniche e metodi della ricerca archeologica allo studio dell’edilizia storica, si è occupata di analizzare gli edifici da un punto di vista “sismologico”. Tuttavia l’evento sismico era principalmente utilizzato per l’interpretazione o la datazione di alcune fasi costruttive e/o distruttive e raramente si giungeva alla ricostruzione della storia sismica del manufatto. Riconoscere e interpretare nell’analisi di un manufatto architettonico dissesti, riparazioni e ricostruzioni potenzialmente riconducibili ad eventi sismici ed utilizzare tali informazioni in senso storico-tecnico (Fig.1) invece potrebbe contribuire alla fase di conoscenza della storia costruttiva del Bene Culturale, della storia sismica del sito e del suo territorio. Il Laboratorio di Archeologia dell’Architettura dell’Università degli Studi di Siena partendo da questi presupposti ha messo a punto ed applicato, a livello sperimentale, una metodologia di indagine che potremmo definire archeosismologica a due contesti a rischio sismico in Toscana: il Casentino ed il Mugello. Attraverso questomodello operativo è possibile da un lato ricomporre l’evoluzione costruttiva degli edifici e dall’altro ricostruirne la storia sismica, agganciandola successivamente a quella dell’intero contesto di studio. L’individuazione e la caratterizzazione dei dissesti e le eventuali riparazioni o ricostruzioni, integrati all’analisi stratigrafica dell’edificio, portano ad ottenere informazioni sulle cronologie (sia relative che assolute) di tali manifestazioni. Inoltre, i crolli e i restauri interpretati come possibili spie di sismi pregressi (a meno di altre cause naturali e/o antropiche), una volta verificata la correttezza delle ipotesi proposte, in alcuni casi offrono la possibilità di ipotizzare la presenza e l’intensità di eventi calamitosi non ancora conosciuti da altre tipologie documentali, ad esempio dai cataloghi sismologici, e di comprendere come un edificio abbia risposto ad uno o più terremoti. I risultati ottenibili da un processo d’indagine GNGTS 2014 S essione 1.1

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