GNGTS 2014 - Atti del 33° Convegno Nazionale

GNGTS 2014 S essione 1.1 architettoniche si affianca inoltre una buona presenza di fonti pubblicate o presenti negli archivi parrocchiali, nei fondi di biblioteche e nell’Archivio di Stato di Firenze. La possibilità di avere a disposizione dati ricavabili sia dall’analisi dei manufatti che da fonti di altro tipo, permette quindi di progettare un’analisi archeosismologica del territorio attraverso un progetto teso alla ricostruzione della storia costruttiva e di quella sismica dei singoli Complessi Architettonici e più in generale dell’intero contesto di studio. Concettualmente il progetto è stato caratterizzato dall’elaborazione di un iniziale Progetto Conoscitivo (p.e., Parenti, 2002) attraverso l’applicazione di una metodologia basata sulla valutazione, preventiva all’anamnesi dell’edificato, dei corretti livelli di approfondimento nello studio dello stesso. In questo modo la lettura stratigrafica, vincolata dall’ottenimento di un risultato ben preciso, si è concentrata sulla determinazione delle Fasi Costruttive, puntando l’attenzione sull’individuazione, la registrazione e la caratterizzazione di tutti quei meccanismi potenzialmente attivati da fenomeni sismici e dei “presidi antisismici” utilizzati per prevenire, riparare o mitigare gli effetti dei terremoti nel lungo periodo. Attraverso questa metodologia sono state così censite le possibili azioni costruttive e/o distruttive correlate ai fenomeni tellurici, mettendole in cronologia relativa tra di loro e agganciando successivamente a queste, quando possibile, il dato emerso alle fonti indirette. In questo modo si è passati ad elaborare una cronologia assoluta per alcune azioni, che ha migliorato in modo sostanziale l’interpretazione dei dati ottenuti dall’integrazione delle analisi operate su contesti diversi. Da questo processo è emerso in modo chiaro quanto sia necessario operare su molteplici siti territorialmente vicini per comprendere al meglio le caratteristiche dei terremoti antichi. Tale tipologia di analisi non può essere svolta su singoli casi studio in quanto caratterizzata da numerosi fattori (modi di costruire, stato di conservazione degli edifici e interventi in essi operati nel corso del tempo così come caratteristiche geologiche, geomorfologiche del territorio e così via) che potrebbero portare l’operatore ad interpretazioni errate. Mediante questa prassi operativa è stato quindi possibile arrivare a definire atlanti crono- tipologici territoriali che non riguardano solo le tecniche costruttive tradizionali, ma che si focalizzano su alcuni elementi fortemente caratterizzanti l’aspetto sismico del Mugello, come ad esempio i “presidi antisismici”. In particolare è stato possibile ipotizzare quali interventi sono stati messi in opera nei diversi periodi storici, le loro finalità ed in che modo questi presidi hanno contribuito alla risposta dell’edificio all’azione dei movimenti scaturiti dai successivi eventi sismici. Attraverso questi dati è stato quindi messo in luce il ruolo delle maestranze locali, specializzate e non, e l’apporto di metodi costruttivi probabilmente provenienti dal nord Italia. Inoltre la presenza di determinati presidi utilizzati con continuità in archi cronologici piuttosto ampi e messi in opera in contesti diversi, ha permesso di ipotizzare la presenza di alcuni criteri costruttivi antisismici probabilmente presenti nel know-how dei costruttori o delle committenze . Il “gap sismico” del Casentino e il contributo dell’archeologia dell’architettura. Il Casentino, valle appenninica situata tra le province di Firenze e Arezzo, è stato a lungo considerato un’area sismicamente poco attiva, con un’esigua attività recente e pochissimi dati riferibili a terremoti antichi. Per tale motivo, gli studi inerenti la sismotettonica e le sorgenti sismogenetiche hanno in più occasioni proposto di mettere in relazione questo “silenzio” sismico casentinese (contrastante con la natura geologica del bacino che dovrebbe presentarsi invece come un’area fortemente sismica al pari del Mugello e della Val Tiberina) con un gap sismico (p.e., Mantovani et al. , 2013). Tuttavia gli studi di sismologia storica che sono stati svolti negli ultimi anni (Castelli 2003, 2004; Guidoboni et al. , 2007; Molin et al. , 2008; Camassi et al. , 2011, e relative bibliografie) hanno apportato un cospicuo numero di nuove informazioni sulla storia sismica casentinese, dimostrando come tale gap possa configurarsi Alcuni studiosi hanno proposto per questi presidi il nome di “Culture Sismiche Locali” (Pierotti e Ulivieri, 2001).

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