GNGTS 2014 - Atti del 33° Convegno Nazionale

GNGTS 2014 S essione 2.1 43 alternativa alla ZS9 per l’Appennino settentrionale e aree limitrofe (Pianura Padana centrale, Adriatico centro-settentrionale, Mar Ligure e alto Tirreno) (Fig. 1). L’area considerata si estende circa 200 km all’intorno dell’Appennino emiliano-romagnolo e risulta compresa tra il margine sud-alpino a nord e la Toscana meridionale, l’Umbria e le Marche a sud. Le nuove zone sono state perimetrate e definite tenendo conto delle informazioni disponibili su: • distribuzione epicentrale dei terremoti, macrosismici e strumentali, in particolare quelli con M>3 [da CPTI11: Rovida et al. (2011), ISIDE ed eventuali altri dati INGV]; • magnitudo massima osservata/stimata; • meccanismi focali (da European-Mediterranean RCMT catalog, http://www.bo.ingv.it/ RCMT/), • profondità ipocentrale; • geometria, tipologia e cinematica delle strutture potenzialmente attive o recenti (quaternarie); queste ultime sono state individuate sulla base degli elementi morfologici e strutturali ed integrate/confrontate con le sorgenti sismiche riportate nel DISS 3.3 elaborato dall’INGV (Basili et al. , 2008) e con la bibliografia disponibile. Nella definizione dei limiti geografici delle nuove zone, particolare attenzione è stata posta alle conoscenze sismotettoniche in termini di condizioni tettoniche e storia sismica, allo scopo di evitare un’eccessiva estrapolazione delle caratteristiche locali che potrebbe comportare una “mediazione” della pericolosità interna, con sottostima della pericolosità delle strutture più attive e sovrastima di quelle meno attive. In sintesi, le zone differiscono tra loro prevalentemente per geometria e tipologia delle strutture osservate, e quindi per il meccanismo di rottura ipotizzato, per la profondità degli ipocentri, per il numero e la magnitudo degli eventi osservati. All’interno di ogni zona le condizioni sismotettoniche sono ritenute omogenee; per ogni zona è stato quindi proposto un meccanismo di rottura definito da: • geometria del piano di rottura (range direzione di immersione e inclinazione), • tipo di movimento (normale, inverso, trascorrente, misto), • range di profondità di rottura ipotizzata, • magnitudo massima attesa coincidente con le magnitudo massime che ricadono all’interno della zona stessa, stimate da terremoti storici o determinate da dati strumentali. Fig. 1 – Confronto tra A) zonazione ZS9 (Meletti e Valensise, 2004; Meletti et al. , 2008) e B) zonazione proposta, con indicazione degli epicentri dei terremoti M≥4 (da CPTI11, Rovida et al. , 2011, e ISIDE).

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