GNGTS 2014 - Atti del 33° Convegno Nazionale

GNGTS 2014 S essione 2.2 115 Viene qui proposta una metodologia basata sull’uso diretto delle osservazioni macrosismiche relative ai terremoti che in passato hanno interessato il sito di studio (storia sismica di sito) e che costituiscono la maggior parte delle informazioni disponibili sulla sismicità del territorio italiano. Metodologie impiegate per il calcolo della M w per la valutazione dei fenomeni di liquefazione. Le metodologie generalmente utilizzate per gli studi di liquefazione sono riportate sinteticamente in questo capitolo, evidenziando per ciascuna, le criticità insite nel metodo. La M w (magnitudo momento), nell’ambito degli studi di liquefazione, è una grandezza legata al processo fisico del terremoto (durata) e al numero di cicli di carico e scarico dei depositi investiti della onde sismiche. Quindi è preferibile scegliere una magnitudo di riferimento molto vicina all’area in studio. Tra i metodi classici di calcolo della M w ai fini della valutazione della suscettibilità alla liquefazione, ognuno dei quali ha dei vantaggi e delle controindicazioni, si ricordano: • Massima magnitudo dal catalogo DBMI11 ������� ������� (Rovida et al ., 2011); • Criteri del cut-off magnitudo-distanza; • Massima magnitudo delle zone sismogenetiche e disaggregazione ICMS (2008). La massima magnitudo di un catalogo storico comporta che la scelta sia completamente deterministica. La maggior parte delle magnitudo, riportate nei cataloghi, derivano da conversioni empiriche I mcs -M e dunque, possono presentare delle incertezze proprie di queste trasformazioni. La magnitudo, definita con i criteri del cut-off magnitudo-distanza, comporta ancora una scelta deterministica. Tuttavia, le curve sono costruite con dati di terremoti storici su cui gravano le incertezze sull’epicentro e l’effettiva grandezza. La magnitudo che deriva dalla disaggregazione è legata a uno studio probabilistico, ma, per come sono state costruite le zone sismogenetiche italiane (molto grandi), può essere scarsamente rappresentativa dell’area di studio. Magnitudo Massima (M wmax ) dal catalogo DBMI11 . Il catalogo DBMI11 contiene dati relativi a 1681 terremoti con relative M w tratte dal catalogo CPTI11 (Rovida et al ., 2011), e in particolare relativi a: a) 1484 terremoti i cui dati sono stati utilizzati per determinare i parametri riportati in CPTI11; b) 197 terremoti etnei, i cui dati non sono stati utilizzati per determinare i parametri riportati in CPTI11, in quanto i relativi parametri sono stati adottati direttamente dal Catalogo Macrosismico dei Terremoti Etnei (CMTE; http://www.ct.ingv.it/ufs/macro) . Per la costruzione di DBMI11 sono stati considerati i dati provenienti dagli studi disponibili a tutto il 2007: • DBMI04 (Stucchi et al. , 2007); • CFTI4med (Guidoboni et al. , 2007); • Studi storico-macrosismici e rilievi macrosismici di autori INGV; • Catalogo Macrosismico dei Terremoti Etnei (CMTE); • Studi storico-macrosismici pubblicati da altri autori; • Selezione di dati del bollettino macrosismico INGV. La pagina di consultazione è http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11/query_place/. Criteri del cut-off magnitudo-distanza. La distanza oltre la quale i fenomeni di liquefazione verosimilmente non accadono può essere definita plottando la distanza epicentrale dell’area in esame (R) e la magnitudo (M w ). In letteratura esistono molte relazioni che descrivono queste curve “limite” denominate curve di cut-off . Le più utilizzate sono quelle di Seed et al. (1984), di Ambraseys (1988) e di Galli (2000). In base a queste curve è possibile determinare empiricamente la magnitudo di riferimento per i metodi di calcolo della pericolosità di liquefazione. Un esempio di utilizzo può essere descritto analizzando i dati della Tab. 1, costruita con la relazione di Seed et al. (1984).

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