GNGTS 2014 - Atti del 33° Convegno Nazionale
GNGTS 2014 S essione 1.1 73 Non è chiaro se questa distribuzione temporale dei terremoti in Calabria sia dovuta ad un reale silenzio delle principali sorgenti sismogenetiche prima del seicento o, viceversa, ad un silenzio delle fonti, dovuto - per esempio - alla generale marginalità ed isolamento storico- culturale della regione nel corso del medioevo e dell’epoca moderna, oltre che all’effettiva perdita di migliaia di documenti nelle catastrofi sismiche degli ultimi secoli (Scionti et al. , 2006). Probabilmente, ad entrambe le cose. In ogni caso, la risoluzione di questo problema, attualmente impossibile da un punto di vista meramente storiografico - attesa anche la distruzione dei registri delle cancellerie angioine e aragonesi e di molti altri documenti archivistici nei bombardamenti a Napoli nel 1943 - può essere affrontata precipuamente per via geologica, invero approfondendo le conoscenze sull’evoluzione tettonico-stratigrafica tardo quaternaria dei depositi e delle forme distribuiti lungo tutta la fascia sismogenetica dell’Arco Calabro in prospettiva di studi di carattere paleosismologico attraverso le strutture indiziate di movimenti recenti. Da questo punto di vista, negli ultimi anni, grazie all’impegno di molti gruppi di ricerca, la fascia costiera tirrenica della Calabria meridionale, anche nel tratto di offshore, è stata ripetutamente oggetto di studi finalizzati all’inquadramento crono-stratigrafico delle successioni di terrazzi marini, del loro sollevamento e delle loro eventuali deformazioni (p.e.: Dumas et al. , 1982, 1987, 1999, 2005; Miyauchi et al. , 1994; Balescu et al. , 1997; Pirazzoli et al. , 1997; Catalano et al. , 2003; Dumas e Raffy, 2004; Tortorici et al. , 2002, 2003; Antonioli et al. , 2006; Cucci e Tertulliani, 2006; Ferranti et al. , 2007, 2008; Bianca et al. , 2011; Pepe et al. , 2013; Spampinato et al. , 2014). I diversi studi sono giunti a importanti conclusioni, a volte anche in contrasto tra loro, sia nell’attribuzione dei singoli terrazzi ai rispettivi stadi isotopici marini e quindi ai ratei di sollevamento degli stessi, che all’esistenza e all’attività di faglie al margine o trasversali ai terrazzi [se ne veda la sistematica revisione e confutazione in Dumas (2008)], alle quali sono stati talvolta associati terremoti noti (p.e., un aftershock della sequenza iniziata il 5 febbraio 1783 o l’evento di Mw > 7 del 1905) o anche sconosciuti. In quest’ultimo caso, l’esistenza dei paleoterremoti e la loro scansione temporale è stata inferita dagli autori sulla base del presunto e ripetuto sollevamento cosismico di linee di costa oloceniche, ubicate nel blocco di letto di faglie normali, e datate tramite analisi al carbonio 14 di markers biologici. Tuttavia, oltre a quanto già stigmatizzato in Dumas (2008), considerando che in una faglia distensiva circa l’80% dello scorrimento viene aggiustato dallo sprofondamento del blocco di tetto, il sollevamento cosismico da 0.5 m a 2 m del blocco di letto riportato dagli autori per ciascun evento non sembra consistente con un evento di fagliazione normale associabile a strutture di lunghezza tipicamente tra 20 e 30 km. D’altra parte, nella fascia più interna, ovvero nell’area epicentrale dei terremoti più distruttivi del sei-settecento, le conoscenze sull’evoluzione stratigrafica e tettonica pleistocenica dei depositi marini e continentali coinvolti nei processi deformativi restano limitate a pochi lavori, quasi mai supportati da vincoli cronologici numerici . Ciò non ha impedito, nel corso degli ultimi due decenni, di condurre alcuni studi paleosismologici sia nella Calabria settentrionale che in quella meridionale. Questi hanno permesso di individuare diverse evidenze di fagliazione di superficie riconducibili ad altrettanti eventi cosismici sia su strutture note in bibliografia che su faglie precedentemente sconosciute. Partendo da nord (Fig. 1), le prime sono la faglia del Monte Pollino (1 in Fig. 1: Michetti et al. , 1997; Cinti et al. , 1997, 2002), di Rossano (3 in Fig. 1: Galli et al. , 2010), delle Serre (8 in Fig. 1: Galli et al. , 2007) e di Cittanova (9 in Fig. 1: Galli e Bosi, 2002), mentre le seconde si riferiscono al sistema di faglie dei Laghi (5 in Fig. 1: Galli e Bosi, 2003; Galli et al. , 2007). I paleoterremoti associabili alle numerose fagliazioni individuate sono stati parametrizzati e compendiati nel Catalogo dei Paleoterremoti italiani (Galli et al. , 2008). In alcuni casi, questi studi hanno consentito di associare alcuni terremoti di epoca storica - già presenti e parametrizzati nelle compilazioni sismiche - alle rispettive faglie, come nel caso degli eventi del 5 e 7 febbraio 1783 (faglia di Cittanova e delle Serre, rispettivamente), dell’8
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