GNGTS 2015 - Atti del 34° Convegno Nazionale
GNGTS 2015 L ectio M agistralis XV Il terremoto del Friuli: considerazioni su un evento singolare M. Riuscetti Nei quasi 40 anni che sono passati dal 6 maggio 1976 sono molti gli eventi celebrativi che si sono succeduti in varie sedi istituzionali e scientifiche. Sono stati fondati musei, allestite mostre, pubblicati libri, organizzati congressi e scritti numerosi articoli. Inevitabilmente la funzione commemorativa ha assunto peso sempre più prevalente rispetto alla funzione di contributo alla conoscenza che, invece, è fondamentale per insegnare a diminuire l’impatto sociale ed economico che avranno i futuri terremoti. A ciò si aggiunga che anche le criticità e gli errori che pur ci furono sono stati sottaciuti perché non venisse offuscato l’esito complessivamente positivo della ricostruzione. La singolarità che cercherò, sia pur brevemente, di delineare risiede nel fatto che il terremoto del Friuli si inserisce, ed in parte provoca, con il successivo terremoto dell’Irpinia-Basilicata di cui ricorre tra pochi giorni il trentaseiesimo anniversario, in un clima di notevoli cambiamenti e progressi sia scientifici che legislativi ed organizzativi come mai era accaduto in precedenza, salvo poi costringerci a constatare la loro labilità ed il lento ed apparente ritorno a condizioni che molto ricordano sotto vari aspetti le condizioni precedenti. Ricordare i quasi 1.000 morti e la distruzione totale o parziale di 86.000 edifici, fabbriche, chiese è doveroso così come è comprensibile l’enfasi sui risultati della ricostruzione che, unica nella storia della Repubblica, può essere accostata a quella del secondo dopoguerra (anche se, a mio parere, la meravigliosa ricostruzione della Sicilia orientale dopo il terremoto del 1693 è qualcosa di insuperato e forse insuperabile). Ciò avverrà anche nell’anno che sta per iniziare con numerose iniziative già annunciate ed altre che sicuramente seguiranno. In questa sede è più appropriato ed utile dare enfasi alla funzione conoscitiva di cui dicevo poc’anzi. Cerchiamo allora di collocare il terremoto del 1976 con particolare riguardo agli aspetti sismologici lato sensu . Va innanzitutto rilevato che l’evento, come tutti gli altri che lo precedettero nel secolo scorso, avvenne in una zona “non sismica”. La prassi normativa vigente dal 1909 (anno della prima legge in materia ) si limitava a prescrivere l’osservanza della regolamentazione alle “aree colpite da terremoto” di fatto dopo il 1909. Tale prassi continuò per decenni (fino al 1962), nonostante le norme venissero spesso riviste, migliorate ed adeguate al progredire delle conoscenze e delle tecniche costruttive (come, ad esempio, il cemento armato). Ciò consentì che si continuasse ad ignorare il pericolo sismico per circa 70 anni in regioni come la Sicilia orientale, colpita nel 1693 da quello che forse può essere considerato il più forte terremoto nella storia dell’Europa continentale. Anche se le conseguenze possono sembrare poco rilevanti data che la normativa sismica, in un Paese intensamente antropizzato da secoli, si sarebbe dovuta applicare solamente alle nuove costruzioni, si pensi invece alla gran mole di costruito e ricostruito dopo la seconda guerra mondiale. Venne sprecata dunque una grande (e speriamo irripetibile) occasione di mettere in sicurezza una gran parte, soprattutto, delle maggiori città italiane. Le Scienze della Terra, per quanto riguarda gli aspetti sismologici, erano agli inizi degli anni ‘70 in uno stato di notevole arretratezza. La Sismologia, ad esempio, veniva insegnata in pochissime università. La quasi totalità dei geologi si rifacevano alle poche informazioni fornite come parte dei corsi di Fisica Terrestre e, dove esistevano, di quelli di Geofisica Applicata. Non dimentichiamo che la maggior parte delle cattedre di Geologia erano occupate da laureati in Scienze Naturali, Chimica e financo Farmacia. Si accettava, senza che ne venisse grande scandalo, che il titolare di una cattedra geofisica di Palermo dichiarasse che il terremoto del Bélice (1968) fosse dovuto alla grande quantità di magnetite, contenuta nelle rocce profonde della Sicilia occidentale, il cui campo magnetico era stato perturbato dall’intensa attività solare di quel gennaio. Per inciso egli era lo stesso autore di un testo, adottato per il suo corso, in cui tra le rocce ad alta suscettività magnetica erano
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