GNGTS 2015 - Atti del 34° Convegno Nazionale
XVI GNGTS 2015 L ectio M agistralis segnalate le ghiaie magnetiche (sic!) che altro non erano che la pirrotite che in tedesco si chiama Magnetkies, parola composta, appunto da Magnet e Kies (ghiaia). Il grosso della dotazione strumentale dell’Istituto Nazionale di Geofisica (la Vulcanologia sarà aggiunta in seguito) era costituito da 14 Wiechert con orologi a pendolo su cui era basata la rete nazionale integrata in maniera non organica da osservatori di varia natura e gestione spesso affidata alla buona volontà di religiosi secondo una tradizione ottocentesca. Erano presenti reti sismiche locali moderne a Napoli e Genova e stazioni sismiche di buona qualità a Trieste, L’Aquila, Messina. Alcune erano dedicate alla vulcanologia (Napoli), altre facevano parte della rete americana per il controllo delle esplosioni nucleari sotterranee dell’Unione Sovietica (Trieste e L’Aquila). Lo stato generale del sistema risultava evidente nella “guerra degli epicentri” (la definizione è di Massimiliano Stucchi) che si scatenava dopo ogni terremoto forte abbastanza da essere registrato in più punti del territorio nazionale. Ricordo, per inciso, che tra gli epicentri proposti nella notte del 6-7 maggio 1976 per la scossa delle 21:00 era anche il Golfo di Genova! Nella prima metà degli anni ‘70, però, qualcosa aveva iniziato a perturbare l’immobilità del sistema che governava le Scienze della Terra: in sede internazionale era stato lanciato il Progetto Internazionale Geodinamica come conseguenza della nascita della rivoluzionaria teoria della Tettonica a zolle. Ad esso aveva aderito l’Italia in cui il C.N.R. aveva deciso di riorganizzare la ricerca pubblica con lo strumento dei progetti finalizzati. Il progetto finalizzato venne così definito: “Il Progetto Finalizzato è un insieme coordinato di attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione di prototipi relativi a prodotti, processi e servizi, di durata definita, volto all’acquisizione di conoscenze e innovazioni, trasferibili al sistema produttivo, al tessuto economico sociale e al contesto politico-giuridico del Paese, relative a tematiche considerate prioritarie nel quadro della programmazione economica nazionale” . La risposta che tentò di dare il sistema fu quella di mascherare ciò che si era sempre fatto ignorando di fatto gli scopi dei progetti finalizzati. Venne varato un ponderoso piano di ricerche organizzate su grandi sezioni crostali (le geotraverse). Tutto venne spazzato via in una tempestosa assemblea a Roma, al C.N.R., dove molti ricercatori dopo veementi critiche (che a dire al vero trovarono deboli risposta nei baroni increduli di fronte a tanta mancanza di rispetto) chiesero ed ottennero di riscrivere il progetto finalizzandolo alla costruzione di un quadro organizzativo e di conoscenze volta alla riduzione dei rischi sismico e vulcanico. Lascio alla penna di Paolo Rumiz (La Repubblica, 1999) la descrizione di ciò che fu il Progetto Finalizzato Geodinamica: “Non c’è scienziato che non parli con nostalgia di quegli anni. Si mobilitano risorse, scendono in campo geologi, ingegneri, storici. Cadono steccati, baronie. L’interazione di cervelli dà frutto, il patrimonio edilizio del Paese comincia a essere monitorato. La protezione civile si mette agli ordini della scienza. L’Italia diventa avanguardia, compie un balzo di venti’ anni” . Forse c’è un po’ di sopravvalutazione ma certamente fu chiaramente indicata la volontà di rendere immediata la ricaduta sociale della ricerca tradizionalmente perseguita attraverso l’istituto delle consulenze professionali mediante i quali lo Stato centrale e le sue ramificazioni territoriali compravano i risultati di ricerche da essi in precedenza finanziate; ciò in nome di una capziosa difesa del diritto alla proprietà intellettuale. Tra i fatti di sistema grandemente positivo fu, a mio avviso, l’approccio multidisciplinare ed in particolare quello tra le discipline praticate dai “geocosi” (come Giuseppe Grandori scherzosamente definiva gli scienziati della Terra) e gli ingegneri. Si partiva da una situazione (in un excursus breve come questo alcune semplificazioni sono inevitabili) in cui ad esempio le indagini macrosismiche venivano generalmente effettuate da geologi che difficilmente erano in possesso del necessario sapere in materia di Scienza e Tecnica delle costruzioni (e d’altra parte, quando gli autori erano gli ingegneri, i danni erano considerati come variabile indipendente dalle condizioni geo-morfologiche dei siti) e per l’Ingegneria (non solo in Italia) il terremoto era compiutamente rappresentato, a fini pratici,
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