GNGTS 2015 - Atti del 34° Convegno Nazionale

GNGTS 2015 L ectio M agistralis XVII da un’accelerazione orizzontale di picco e relativa frequenza: fisica della sorgente e differenze tra near- e far-field erano bellamente ignorate. Se le azioni rilevate sembrano incompatibili con questo semplicistico modello, la reazione era (e purtroppo lo è ancora) quella di proporre l’aumento dei valori di accelerazioni orizzontali di progetto. Si vuole ignorare che nelle aree epicentrali le accelerazioni verticali possono superare ampiamente il valore di g come è noto a chiunque abbia letto trattati, anche antichi, di sismologia elementare. Si cercò, inoltre, di gestire il progetto nel modo più democratico possibile in un mondo ad esso tradizionalmente e pervicacemente impervio (esemplare, a questo proposito il nome del primo presidente del C.N.R.: il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio). Continui e continuamente stimolati erano i confronti ed i congressi anche in corso d’opera nei quali si discutevano i risultati, si decidevano, quando necessario le correzioni di rotta anche al di là di quanto previsto nei progetti iniziali riducendo al minimo le riunioni monodisciplinari al fine di ottenere un’effettiva integrazione a partire anche dallo stesso linguaggio, si decidevano gli indirizzi delle attività future. I risultati diretti ed indiretti, con un’attenta ottimizzazione delle poche risorse disponibili, furono importanti sia a livello scientifico che organizzativo ed esattamente nello spirito e nella lettera di quanto previsto nella definizione di Progetto Finalizzato più sopra ricordata. Tra i primi sono la definizione su tutto il territorio nazionale della pericolosità sismica (una mappa del genere in California veniva definita mappa di rischio!) con grande attenzione al rapporto costi/benefici ed integrando i dati del catalogo sismico, rapidamente redatto, con le informazioni di carattere sismotettonico e neotettonico provenienti dai relativi sottoprogetti; il miglioramento della normativa tecnica; la costruzione di strumenti di comunicazione moderni per la diffusione delle conoscenze ritenute elemento fondamentale per un’efficace politica di difesa dai terremoti. Tra i secondi: l’importante e riconosciuto contributo alla definitiva approvazione della legge in materia di protezione civile che ha un impianto originale rispetto a quelle di altre legislazioni europee dando ampio spazio alle azioni di prevenzione oltre a quelle di gestione delle emergenze; la gemmazione dei gruppi nazionali per la difesa dai terremoti e per il rischio vulcanico; l’impulso alla creazione di una rete sismica nazionale supportata da un Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia adeguatamente finanziato e dotato di personale; l’istituzione della Commissione Grandi Rischi a supporto scientifico dell’organizzazione civile di cui fa parte integrante, intesa, almeno inizialmente, come interfaccia con la comunità scientifica di ricerca attiva nei settori relativi ai grandi rischi. Un importante riconoscimento della qualità del lavoro svolto ci fu all’assemblea generale dell’IUGG di Canberra, dove la relazione italiana venne a lungo applaudita e, fatto inusuale, fu riconosciuta con comunicazione scritta dalla presidenza dell’associazione. Affermare che allora si misero le basi per un duraturo consolidamento di metodi, filosofia e strutture sarebbe eccessivo. La catastrofe de L’Aquila credo abbia minato le convinzioni anche dei più ottimisti ma di essa non voglio parlare se non per rilevare il singolare destino di una città sede dei due più importanti processi imperniati sui rapporti tra scienza e società (terremoto e Vajont) e sulla natura ed utilità della previsione. Oggi si è tornati improvvidamente alla vecchia separatezza disciplinare, la normativa è, a mio avviso, eccessivamente severa ma i provvedimenti importanti per migliorare la sicurezza della gran parte del patrimonio edilizio pubblico e privato mancano o sono timidi, saltuari e male indirizzati; la ricerca risente della crisi finanziaria delle università e della drastica e per alcuni versi stolta riduzione del rimpiazzo del personale in quiescenza o emigrato, l’autolesionista prevalenza del finanziamento della ricerca applicata (si badi bene: applicata, non finalizzata) che riduce le possibilità di avere autentica innovazione a favore di quella tecnologica che può essere utile sul breve termine soprattutto per i committenti che sono sollevati da oneri che sarebbero loro ma che nel tempo produrrà una difficilmente recuperabile capacità di tenere il passo con Paesi maggiormente consapevoli dell’importanza strategica di ricerca e formazione

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