GNGTS 2016 - Atti del 35° Convegno Nazionale
104 GNGTS 2016 S essione 1.1 Terremoto de L’Aquila. Alle 3h32m del 6 aprile 2009, la città de L’Aquila e decine di paesi lungo la Valle del Fiume Aterno furono interessati da un disastroso terremoto di magnitudo Mw pari a 6.3 (INGV) (Mele et al. , 2009) che produsse gravissimi danni agli edifici con numerosi crolli, causando la morte di 308 persone, la maggior parte delle quali nel centro storico de L’Aquila. L’area mesosismica, interessata da un’intensità maggiore di VII-VIII gradi MCS (Galli et al. , 2009), con ipocentro localizzato ad una profondità di circa 9 km (INGV), coinvolse 16 località con intensità maggiore dell’VIII grado MCS, sei delle quali con intensità del IX grado. L’area è concentrata sul sistema di faglie superficiali Paganica-San Demetrio (Galli et al. , 2009; Messina et al. , 2009; Falcucci et al. , 2009) e lunga circa 20 km con direzione NW-SE. I paesi più danneggiati, con intensità tra il IX ed il X grado MCS, furono quelli costruiti su paleo frane, come L’Aquila, su sedimenti lacustri formati da limi e sabbie sovrastati da conglomerati, come Castelnuovo, o su forme carsiche sepolte, come l’abitato di Onna. Anche Castelvecchio Subéquo e Goriano Sicoli subirono gravi danni corrispondenti ad una intensità del VII grado MCS, nonostante fossero ubicati a circa 40 km dall’epicentro. Un lieve danneggiamento diffuso si ebbe nelle aree a nord della catena del Gran Sasso e ad est di quella dei monti Morrone-Cappucciata-San Vito, nonostante siano tutte distribuite nel footwall della faglia, ma ubicate sulle successioni silicoclastiche e quindi soggette a fenomeni di amplificazione locale per la presenza di terreni con scadenti proprietà meccaniche. Effetti di deamplificazione del moto del suolo si ebbero a Monticchio e nella frazione di Cerro Fossa, località prossime (1-2 km) ad Onna, la prima, e a Fossa, la seconda. L’ultima fase della crisi sismica interessò anche la zona di Amatrice - Montereale, nell’area della faglia dei Monti della Laga (Galadini e Galli, 2000). Nell’area aquilana erano presenti tipologie e condizioni edilizie molto diverse; insieme a edilizia storica in pietra, solitamente non squadrata, ciottoli alluvionali di pezzatura molto irregolare con sporadiche presenze di muratura a sacco, coesistevano edifici in pietra squadrata, mattoni o blocchetti di cemento, con solai e coperture in latero-cemento, e ville o condomini molto recenti in cemento armato, oltre a edilizia monumentale più o meno importante. Inoltre si trovavano edifici in completo stato di abbandono, parzialmente diroccati già prima del terremoto, insieme ad edifici in muratura utilizzati abitualmente e in normali condizioni di manutenzione. In qualche caso negli edifici in muratura erano visibili interventi relativamente recenti, con la sovrapposizione di una cordolatura e una copertura in cemento armato. Gli edifici in c.a. riportarono, percentualmente, pochi danni strutturali, la maggior parte dei danni più gravi e dei crolli furono a carico degli edifici in muratura e misti, soprattutto per quanto riguarda le parti più elevate dei manufatti (tetti, cornicioni, spigoli) e in molti altri casi si ebbe il crollo totale dei solai all’interno di murature all’apparenza intatte (Galli et al. 2009). Analisi degli effetti del sisma sugli edifici. Di seguito vengono messi a confronto gli effetti prodotti sugli edifici in muratura dai terremoti di Larino e de L’Aquila, allo scopo di testare la correlazione tra i danni e i requisiti delle costruzioni murarie (Ferlito et al. , 2013). Per quanto riguarda la caratterizzazione degli edifici, si è fatto ricorso ai dati rilevati nell’immediato post-sisma mediante la scheda AeDES (Scheda di I Livello di Rilevamento Danno, Pronto Intervento e Agibilità per Edifici Ordinari nell’Emergenza Post-Sismica). Tra le differenti grandezze in essa riportate, sono state prese in considerazione soltanto la tipologia costruttiva e l’epoca di costruzione, che sono risultate essere le caratteristiche più influenti sul comportamento delle strutture (Drago et al. , 2015). Nella Fig. 1 è rappresentata, per ognuno dei due territori, la distribuzione degli edifici nelle 30 tipologie strutturali previste dalla scheda AeDES, mentre nella Tab. 1 gli edifici sono raggruppati in tre tipologie strutturali a qualità crescente, individuate nella scheda dalle tre diverse gradazioni di grigio. Il confronto dei risultati ha evidenziato l’omogeneità delle due aree territoriali in cui prevalgono le strutture di scarsa qualità strutturale, con muratura a tessitura irregolare e di cattiva qualità (pietrame non squadrato, ciottoli,…), associata, nella maggior parte dei casi, a struttura orizzontale non rigida, e le strutture con muratura regolare, senza catene o cordoli, associata a struttura orizzontale non rigida.
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