GNGTS 2016 - Atti del 35° Convegno Nazionale

GNGTS 2016 S essione 2.3 471 Inoltre il concomitante verificarsi di numerosi eventi alluvionali ha allargato l’attenzione anche ad altri rischi naturali, dando vita a discussioni sulla causa dei cambiamenti climatici e la loro influenza sugli eventi meteo catastrofici. Ma l’aumentato interesse verso gli aspetti scientifici e sociali delle catastrofi naturali ha messo in evidenza un problema culturale. Gli italiani sanno poco e male. Lo dimostrano certi articoli e servizi giornalistici, le lunghe discussioni sui social network, le interviste ai “signor nessuno” spacciati come super-esperti, il continuo ricorso alla tesi del complotto. Si sono spesi fiumi di parole, con toni spesso molto accesi, su argomenti basati su equivoci come quello della confusione tra magnitudo ed intensità o sulla differenza tra valori di magnitudo pubblicati da enti diversi. Si è tentato di accusare la comunità scientifica di non saper prevedere i terremoti, come se tale capacità fosse la soluzione alle case costruite male e con materiali scadenti. E’ evidente quindi che, mentre lentamente e con una certa inerzia, si adottano le più recenti normative per diminuire la vulnerabilità ed organizzare piani di emergenza degni di tale nome, occorre anche intervenire sul problema culturale. Sono numerose le iniziative condotte per aumentare la consapevolezza dei cittadini nei confronti dei rischi naturali nell’ottica di una maggiore preparazione. Sono iniziative a scala nazionale (Io non rischio – www.iononrischio. it, Edurisk – www.edurisk.it ) o locale (O3E, Berenguer et al. , 2011; Nave et al. , 2011; NERA, Zollo et al. , 2013) rivolte alle più disparate classi di cittadini e riguardanti talvolta diversi fenomeni naturali. Queste iniziative soffrono però di tre principali limitazioni. A parte casi particolari, coinvolgono un numero relativamente contenuto di cittadini. Spesso sono limitate nel tempo, ed essendo vincolate alla erogazione di un finanziamento, non sono ripetibili. Non è il caso di alcuni progetti nazionali, ma sicuramente lo è per quelli locali. Infatti questi due limiti affliggono soprattutto le iniziative a scala locale. Infine sono rivolti a quella parte della società che ha un seppur minimo senso civico oppure una spiccata curiosità scientifica che la spinge ad avvicinarsi al volontario in servizio, per esempio nel caso di “Io non rischio”, oppure a partecipare ad una conferenza o prendere parte ad una esercitazione. In questa impresa per aumentare la presa di coscienza e la conseguente preparazione ai rischi, la scuola non esercita alcun ruolo di rilievo. Eppure è il luogo dove si formano i cittadini; dove i futuri ingegneri, politici, giornalisti imparano le regole del convivere. Non è così per tutti gli ambiti: il tema dell’Ambiente, per esempio, ha ottenuto, seppur dopo un lungo iter, l’inserimento tra i programmi scolastici anche se a sette anni dalla prima discussione e a due dalla stesura delle linee guida non è ancora ben chiaro quanto “obbligatoria” sia l’ora di educazione ambientale prevista nei calendari didattici. Appare evidente che la “coscienza del rischio” ha un valore del tutto simile a quella dell’ambiente e che pari dignità dovrebbe essergli riconosciuta con l’inserimento di un’ora di educazione ai rischi naturali nel ciclo scolastico. Alla base di questa ipotesi vi è ovviamente, come nel caso dell’Ambiente, la necessità di far capire l’importanza di certi comportamenti, che in un caso salvaguardano l’ambiente e nell’altro la propria salute. Pur consapevoli che la conversione di una proposta, seppur interessante e lodevole, a realtà passa sempre per una burocrazia estremamente farraginosa, in questo lavoro analizziamo pro e contro della introduzione di un eventuale modulo sui rischi naturali nella scuola dell’obbligo. Tra i pro ci sono ovviamente la constatazione che l’audience è molto vasta ed è quella più incline all’ascolto e all’apprendimento. Giocano a favore la giovane età, il rispetto per la scuola come istituzione, il non avere ancora un ruolo definito nella società, la assenza di preconcetti. Questa disponibilità ad imparare è inversamente proporzionale all’età scolastica, come le numerose esperienze di divulgazione hanno mostrato. Maggiore è l’età, maggiore è il rifiuto per tutto ciò che è prestabilito, dalla figura dei genitori a quella dell’insegnante, agli insegnamenti di vita. In questo senso gli studenti delle scuole primarie o secondarie di primo grado sono decisamente più adatti allo scopo. Tra gli aspetti avversi occorre sicuramente considerare che lo studente è un cittadino

RkJQdWJsaXNoZXIy MjQ4NzI=