GNGTS 2016 - Atti del 35° Convegno Nazionale
554 GNGTS 2016 S essione 3.2 Alla prima fase, collocabile tra la fine del III e la prima metà del IV sec. d.C., appartengono resti riferibili ad un edificio piuttosto esteso, di cui sono stati riconosciuti almeno sei ambienti, distrutti forse a causa di un sisma (che potrebbe essere quello ben noto del 365 d.C. citato dalle fonti). I resti risultano realizzati in blocchetti, pietre e laterizi, messi in opera con tecnica molto accurata e abbondante uso di malta. Si distingue, in particolare, una struttura a pianta quadrata, con ingresso e finestra ad arco di laterizi e copertura a volta di calcestruzzo, che per il suo sviluppo verticale è stata denominata “torretta”. Dopo un intervallo di tempo sicuramente breve, l’edificio dovette essere stato ricostruito e in parte anche riutilizzato, ed affiancato da almeno un altro fabbricato, con un orientamento leggermente diverso ed una tecnica muraria meno accurata, in pietrame di pezzatura varia e scarso impiego di laterizi. Anche queste strutture più recenti si disponevano su livelli digradanti e subirono una distruzione probabilmente violenta intorno alla metà del V sec. d.C., seguita da un lungo periodo di abbandono. Riguardo la destinazione delle strutture, è stata avanzata l’ipotesi di una piccola villa ( villula ) o di un insediamento rurale, oppure ancora di una stazione di sosta ( statio ). Più plausibile sembra l’ipotesi della villa - forse del tipo “fortificato”, per via della presunta torretta - significativamente collocata in questo tratto ampio e ben esposto della valle d’Agrò, che in un paesaggio impervio come quello della costa ionica messinese rappresentava un’importante via di penetrazione verso l’interno e di collegamento con il versante tirrenico. Indagini geofisiche e di spettroscopia XRF. Nell’ambito della scuola, sono state effettuate prospezioni georadar nel sito archeologico di Scifi. Le prospezioni sono state effettuate mediante un sistema Ris-Hi mode con doppia antenna alle frequenze centrali di 200 e 600MHz ed effettuate lungo una griglia ortogonale con spazio interlinea di 40 cm all’interno di un rettangolo di circa 35m 2 . Il processing dei dati è stato costituito da zero timing, background removal su tutte le tracce, guadagno in profondità, filtraggio di Butterworth monodimensionale e migrazione di Kirchoff (Persico, 2014). La velocità di propagazione media delle onde elettromagnetiche nel suolo è stata valutata di 11 cm/ns sulla base delle iperboli di diffrazione. Poiché le anomalie di possibile interesse erano previste essere relativamente superficiali, mostriamo nel seguito un risultato relativo all’antenna a 600 MHz. In Fig. 1 è mostrata in particolare una slice orizzontale alla profondità di circa 95 cm, agganciata alla carta archeologica del sito. Si notano due anomalie principali, e quella sulla sinistra dell’immagine è probabilmente ascrivibile ad un muretto. Notiamo che in effetti il rettangolo prospezionato giaceva leggermente fuori della mappa archeologica già nota, per cui il risultato fornisce un ragionevole indizio sul fatto che l’abitato antico continuava ancora. Nel sito sono state anche eseguite misure di vibrazioni ambientali che indicano che non sono presenti evidenti eterogeneita’ laterali o grandi contrasti di impedenza associabili a startigrafia superficiale. Come è ben noto, inoltre, la conoscenza dei materiali da costruzione (es.: malte) fornisce importanti informazioni sulla tecnologia di manifattura peculiare di una particolare popolazione e/o epoca. Lo studio e la caratterizzazione delle malte permette, altresì, di determinare la provenienza dei suoi componenti fornendo un supporto utile per datazione del materiale. Negli ultimi decenni, l’uso di metodologie fisiche non-distruttive (o micro-distruttive) per lo studio di sistemi di notevole rilevanza culturale (quali ad esempio pigmenti, ceramiche, manoscritti e malte) ha visto un considerevole sviluppo sia in ambito tecnologico che applicativo. A tal proposito, mediante l’utilizzo di strumentazioni portatili è stato possibile effettuare misure in-situ risolvendo così tutta una serie di difficoltà pratiche legate alla trasportabilità del materiale investigato. Nel presente lavoro viene in particolare riportato uno studio preliminare spettroscopico su campioni di malte aventi “fase architettonica” differente investigate senza alcun prelevamento presso il sito archeologico di Scifì. Nello specifico, l’analisi è stata focalizzata sullo studio delle variazioni in termini di composizione elementare dei due campioni, per mezzo di misure di fluorescenza di raggi X (XRF). La spettroscopia XRF rappresenta una metodologia fisica non distruttiva, estremamente diffusa in archeometria che
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