GNGTS 2017 - 36° Convegno Nazionale

410 GNGTS 2017 S essione 2.2 tecnica permetterebbe quindi di superare i problemi pratici sopra descritti nonché di diminuire notevolmente i tempi di indagine permettendo un uso maggiormente estensivo nel territorio della tecnica a stazione multipla. Descrizione dellametodologia di analisi. Talemetodologia deriva direttamente dalla tecnica SPAC proposta da Aki (1957), nella quale la curva di dispersione delle onde superficiali viene ricavata utilizzando un array circolare di sensori più uno disposto al centro. Aki (1957) dimostrò che, sebbene ogni serie temporale dedotta dalla registrazione del campo di vibrazioni ambientali in un punto abbia un carattere stocastico, due registrazioni effettuate in punti diversi mostrino delle “somiglianze” (in senso statistico) e che da queste sia possibile dedurre informazioni sulle velocità di fase delle diverse onde misurate nelle due posizioni. Considerando il j-mo e l’ n- mo sensore di un array, queste “somiglianze” sono rivelate dell’andamento del coefficiente di correlazione spaziale (o coefficiente di autocorrelazione) r jn ( ω ) definito dalla relazione: (1) dove ω è la frequenza, m S jn è il cross-spettro per l’ m-mo segmento temporale della registrazione tra il j-mo e l’ n-mo sensore e Re indica la sua parte reale; m S jj e m S nn sono gli spettri di potenza (o autospettri) dell’ m-mo segmento temporale ai sensori j-mo e n-mo rispettivamente. M è il numero totale di segmenti temporali utilizzati. Aki (1957) dimostrò che sotto condizioni molto generali (in particolare che le onde siano tutte fra loro indipendenti e che le direzioni di provenienza siano distribuite con probabilità uniforme attorno ai due sensori) la velocità di fase c ( ω 0 ) delle onde di Rayleigh alla frequenza ω 0 è legata alla media azimutale r – ( r , ω 0 ) dei coefficienti di autocorrelazione ottenuti per le varie direzioni dalla seguente relazione: (2) dove J 0 rappresenta la funzione di Bessel di ordine zero e r la distanza tra il sensore centrale e gli altri disposti sulla circonferenza (rappresenta quindi il raggio del cerchio). Dato che J 0 ha forma nota, la velocità di fase può essere stimata adattando i valori sperimentali di r – ( r , ω 0 ) a quelli teorici della funzione di Bessel di ordine zero (che ha forma nota) per differenti tentativi di combinazione dei parametri r , ω 0 e c ( ω 0 ). Nella tecnica SPAC zero crossing, utilizzata per analisi a grande scala dell’ordine delle centinaia di chilometri (Ekstrom et al ., 2009, 2014) e recentemente anche a più piccola scala (Pilz et al. , 2012, 2013; Pan et al. , 2016), il coefficiente di correlazione spaziale mediato azimutalmente viene sostituito nell’Eq. (2) da quello ottenuto da una singola coppia di stazioni ( r jn ( r, ω 0 )); tale utilizzo è giustificato assumendo la presenza di un campo di vibrazioni ambientali sufficientemente isotropo (Ekstrom et al. , 2009). Applicando questa formulazione e visualizzando l’andamento del coefficiente di correlazione spaziale rispetto alla frequenza (detto anche spettro di correlazione spaziale) è possibile notare che le informazioni riguardanti la velocità di fase non possono essere facilmente decifrate osservando la forma dettagliata di tale andamento. In particolare, la parte reale dello spettro ricorda la funzione di Bessel per il suo carattere oscillatorio, ma le ampiezze dei picchi possono non decrescere in maniera monotona con la frequenza come per J 0 . Questo comportamento in ampiezza dipende dal rumore di fondo, dagli effetti non lineari derivati del processing dei dati e dalla potenza azimutalmente non uniforme del campo di vibrazioni ambientali (Ekstrom et al. , 2009). Alla luce di questa caratteristica, viene suggerito di concentrare l’attenzione sulle sole frequenze corrispondenti all’annullamento (zero-crossing) dei valori di r jn ( r, ω 0 ) e ricavare da queste sole le informazioni sulle velocità di fase. Tutto questo nell’assunzione che in corrispondenza di queste frequenze i valori della correlazione risentano meno delle variazioni

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