GNGTS 2017 - 36° Convegno Nazionale

514 GNGTS 2017 S essione 2.3 ha già reso disponibili? Per scoprirlo abbiamo sviluppato l’ipotesi di lavoro che la vulnerabilità dei centri abitati storici cresca al crescere del tempo trascorso dall’ultima ricostruzione sismica, ossia come risultato “accumulato” sia dell’invecchiamento del patrimonio abitativo, sia della mancanza di interventi di miglioramento sismico, e sia soprattutto di una sorta di “smemorizzazione” nella cultura locale della reale pericolosità sismica dei luoghi. A questo va aggiunto che se una faglia sismogenetica è stata quiescente per secoli la sua probabilità di causare un terremoto distruttivo aumenta grandemente rispetto a una faglia che ha dato un forte terremoto in epoche relativamente recenti. Utilizzando due banche dati dell’INGV (Fig. 2), il Database of Individual Seismogenic Sources (DISS Working Group, 2015) e il Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (Guidoboni et al. , 2007), abbiamo prima identificato i comuni che ricadono sulla proiezione in superficie delle grandi faglie sismogenetiche dell’Appennino (Fig. 3) e che come tali sono sicuramente Fig. 2 - Composite Seismogenic Sources tratte dal database DISS (DISS Working Group, 2015: http://diss.rm.ingv.it/ diss/) e principali terremoti tratti dal catalogo CFTI4Med (Mw 5.8 e superiori, mostrati con delle stelline: Guidoboni et al. , 2007: http://storing.ingv.it/cfti4med/ ). Ogni poligono in arancione rappresenta la proiezione in superficie della presumbile estensione della sorgente sismogenetica profonda. Per questo studio sono state selezionate tutte le sorgenti a carattere estensionale che corrono lunga la cresta della catena appenninica (in giallo). Queste sorgenti includono le faglie che hanno causato i terremoto del 2016-2017 in Appennino centrale e sono responsabili per il 70% circa del rilascio sismico che ha luogo in Italia. A tutte queste sorgenti è stato assegnato un buffer di 5 km che tiene conto delle inevitabili incertezze nella loro localizzazione. L’immagine è tratta da Valensise et al. (2017).

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