GNGTS 2018 - 37° Convegno Nazionale
122 GNGTS 2018 S essione 1.1 CONOSCI LE TUE FAGLIE E IL PROSSIMO TUO P. Galli Dipartimento Protezione Civile, Roma, Italy CNR-IGAG, Roma, Italy Prologo. Living with earthquakes: know your faults era il titolo di un bellissimo e lunghissimo (oltre 100 pagine) articolo di Jackson (2001) nel cui incipit l’autore quasi si stupiva di come la nostra capacità nel riconoscere le faglie prima che queste si muovessero fosse grandemente cresciuta negli ultimi due decenni del secolo scorso. Nel nostro piccolo, a partire dagli studi pioneristici di Giraudi (1987) ai piani dell’Aremogna e delle Cinque Miglia (Abruzzo) - presentati proprio al 6° Convegno GNGTS - anche in Italia gli studi geologici su potenziali faglie attive e sismogeniche sono divenuti una realtà nel campo della geologia dei terremoti, grazie soprattutto alle analisi paleosismologiche condotte da diversi ricercatori in centinaia di trincee aperte dalle Alpi all’Etna. A seguito di questi lavori, ora conosciamo meglio i tempi di ricorrenza e la distribuzione dei grandi terremoti italiani; anzi, li conosciamo molto meglio, dal momento che gli intervalli tra questi eventi sono spesso più lunghi della completezza dei nostri cataloghi sismici. Una prima sintesi dei risultati ottenuti in questi studi fu prodotta dieci anni fa da Galli et al. (2008) che, dopo aver raccolto e rianalizzato i dati di tutti i lavori pubblicati sino ad allora, compilarono sia una sorta di scheda descrittiva di ciascuna faglia investigata, che un catalogo parametrico di 56 paleo-terremoti italiani riconosciuti e datati in trincea, una dozzina dei quali riconducibile ad eventi storici più o meno noti. Trattandosi di eventi legati a fagliazione di superficie, la magnitudo ad essi associata era, nella maggior parte dei casi, quella massima dei cataloghi storici, in genere 6.5≤Mw≤7.0. Da allora, molti altri studi sono stati realizzati sulle stesse faglie per approfondirne il livello di conoscenza, e su altre faglie precedentemente sconosciute o non ancora analizzate. Il risultato è che ora il numero di paleo-terremoti certi identificati su una ventina di faglie riconosciute attive nel Pleistocene Superiore-Olocene è oltre settanta. Se si tiene conto che nei cataloghi sismici italiani i terremoti con Mw≥6.5 sono una trentina, e quasi tutti compresi nei settanta di cui sopra, va da sé che il contributo della paleosismologia nell’identificazione e parametrizzazione dei terremoti distruttivi è superiore alla sismologia storica, non fosse altro che per la maggiore estensione temporale della prima sulla seconda (20 ky vs 1 ky) e per l’indiscutibile precisione della localizzazione epicentrale fornita dalla geometria della faglia rispetto alla distribuzione degli effetti di risentimento, spesso totalmente generici se non fuorvianti, specie per i terremoti più antichi. In Italia, la maggior parte delle faglie studiate e dei paleo-terremoti con datazione compresa in una finestra temporale accettabile (i.e., poche centinaia di anni) appartengono alla catena appenninica e alla Calabria, in massima parte all’Appennino calcareo umbro-marchigiano- abruzzese, ai massicci carbonatici del Matese e dei Picentini (Molise e Campania) e a quelli cristallino-metamorfici della Sila e dell’Aspromonte (Calabria). A questo quadro sfuggono gli Appennini settentrionali, caratterizzati da eventi storici massimi con Mw<6.5 e quindi con scarsa probabilità di rompere in superficie, e vasti tratti di quello meridionale dove, a fronte dell’occorrenza di terremoti devastanti, con Mw>6.5 e faglie sicuramente capaci di raggiungere la superficie, le litologie poco conservative delle unità silico-clastiche affioranti non hanno ancora permesso il riconoscimento delle grandi strutture sismogeniche. In questa nota preliminare ho cercato di selezionare le faglie meglio studiate, non solo dal punto di vista paleosismologico, ma anche della loro attività e contestualizzazione tardo pleistocenica-olocenica. Senza questi due ultimi vincoli geologici, i risultati puntuali acquisiti in trincea possono condurre a errate, se non fantasiose, interpretazioni. Similmente, non ho preso in considerazione le faglie in roccia investigate negli ultimi anni con metodi alternativi a quelli strettamente geologici, in particolare quelle analizzate solo con metodi topografico/
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