GNGTS 2018 - 37° Convegno Nazionale

422 GNGTS 2018 S essione 2.2 che compongono la “funzione” di rischio di cui l’urbanista deve occuparsi; b. le variabili e i fattori territoriali e urbani sui quali l’urbanistica può effettivamente agire; c. gli strumenti che l’urbanistica ha a disposizione. Le variabili del rischio sulle quali pu ò agire la pianificazione urbanistica. In alcuni paesi, ad esempio la Nuova Zelanda, soprattutto in seguito al terremoto di Christchurch (2010- 2011), si sta facendo strada l’idea di una pianificazione urbanistica basata sul rischio, anziché sulle sole carte di pericolosità (Saunders e Kilvington, 2016). Il rischio inteso come probabilità di danno atteso dipende da diverse variabili, solitamente riferite alla pericolosità, relativa alle caratteristiche del fenomeno/fenomeni che costituiscono la forzante, all’esposizione, relativa al numero di persone, alla quantità e al valore economico dei beni presenti in un’area pericolosa, alla vulnerabilità intesa come propensione al danno dell’esposto, ovvero alla sua fragilità intrinseca. Che cosa si debba intendere come danno non è peraltro scontato. Non si può infatti considerare solo il danno fisico a persone, edifici e infrastrutture, ma anche il danno cosiddetto indiretto, che noi preferiamo definire di secondo ordine (Rose, 2004), di natura sistemica, legato alle interazioni complesse tra sistemi territoriali e tra questi e i sistemi sociali ed economici. Pesano sui danni di secondo ordine fattori quali la vulnerabilità sistemica e l’assenza di resilienza delle comunità esposte. La pianificazione urbanistica e territoriale deve tenere conto di tutte le variabili che compongono il rischio, su alcune in forma adattiva, su altre in forma attiva. Per quanto riguarda la pericolosità, l’urbanistica dovrebbe assumere le mappe che rappresentano le aree a differente criticità come base conoscitiva sulla quale operare le scelte insediative e di trasformazione del territorio. L’urbanistica può invece agire direttamente, a vari livelli e in diverse forme sui fattori di esposizione, vulnerabilità e resilienza. Piano urbanistico: quali conoscenze e strutturate come per supportare scelte preventive? Se il tema di come sviluppare e rappresentare analisi di rischio in modo che siano utilizzabili dagli utenti finali e tra questi gli urbanisti è stato indagato nel progetto Armonia, la questione della base conoscitiva sulla quale si dovrebbero fondare le scelte di piano è stata poco indagata (McLoughlin, 1969) e solo recentemente per quanto riguarda le conoscenze sui rischi e i cambiamenti climatici (Treu, 2009; Galderisi, 2018; Mejri e Mendoza, 2017). La recente legislazione sia nazionale sia Europea (si pensi in particolare alle Direttive Seveso e Alluvioni) hanno imposto un corredo di relazioni specialistiche sui vari rischi che devono essere recepite dalle amministrazioni quando elaborano un piano regolatore a scala locale così come piani di area vasta (si pensi al Piano Paesistico piuttosto che al Piano di Coordinamento Provinciale o al Piano Regionale). La documentazione imposta da tali direttive, così come le relazioni geologiche a supporto dei piani urbanistici, rimangono tuttavia delle parti slegate dal piano, capaci di porre al più dei vincoli, spesso osteggiati dalle amministrazioni, ma non entrano a far parte del processo complessivo della pianificazione ordinaria. Secondo noi occorre superare questa impostazione a favore di una revisione complessiva del processo, che fin dall’inizio comprenda un gruppo di lavoro nel quale l’urbanista fornisca la visione, le idee di trasformazione e conservazione degli usi e degli assetti attuali e solleciti la componente specialistica a focalizzare la redazione di analisi di pericolosità e di rischio nelle aree e alla scala necessarie per le decisioni urbanistiche. La pianificazione e la progettazione dovrebbero essere considerate un processo di apprendimento e di adattamento reciproco tra analisi, decisioni e disegno del progetto e del piano. La Fig. 1 mostra come la scelta di misure strutturali e non strutturali debba fondarsi su conoscenze, dati, informazioni fornite da competenze diverse e che servono anche per valutare le misure stesse secondo un approccio multi-criteriale, in un ciclo adattivo che richiede di assumere delle decisioni sulla base di un determinato quadro conoscitivo, per poi monitorare nel tempo il loro esito e proporne la modifica o la riconferma.

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