GNGTS 2018 - 37° Convegno Nazionale

534 GNGTS 2018 S essione 2.3 I siti in Pianura Padana ricadono in aree fortemente urbanizzate e su terreni sedimentari. Questo pone problematiche nella rilevazione e nella localizzazione degli eventi sismici, lega- te — come noto — agli alti livelli di rumore sismico di fondo riscontrati. In questi casi risulta naturalmente molto efficace il ricorso a strumentazione in pozzo, che, a fronte di un maggiore impegno nella installazione e manutenzione, fornisce tracce più pulite. La presenza di terreni sedimentari in aree fortemente urbanizzate rende auspicabile uno sforzo per superare il sistema a soglie di magnitudo — usato per la definizione dei diversi livelli di attivazione negli ILG — in favore di sistemi che considerino la probabilità di superamento di soglie di velocità o di accelerazione del suolo, calcolate attraverso l’applicazione di equazioni predittive del moto del suolo (GMPE) specifiche per ogni caso. Per poter giungere a questo as- setto risulta evidentemente fondamentale poter disporre di un adeguato catalogo di osservazioni pregresse e quindi di un adeguato periodo di studio preparatorio. Gli studi sulla sismicità indotta stanno ricevendo sempre più interesse a livello internazio- nale, al passo con le legittime preoccupazioni della società moderna verso i rischi naturali e industriali. Riteniamo quindi importante un ampio confronto sulle “best practices” da adottare per il monitoraggio e la gestione, anche in termini predittivi, dei sistemi di sfruttamento delle risorse sotterranee. ILPESODELLOSFRUTTAMENTODELLERISORSEENERGETICHENELSOTTOSUOLO COSTIERO DELL’EMILIA-ROMAGNA SUGLI SQUILIBRI AMBIENTALI. LA COMPLESSITÀ DEI PROCESSI IN GIOCO L. Perini, L. Calabrese, L. Luciani Regione Emilia-Romagna - Direzione Generale Cura del territorio e dell’ambiente - Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli, Italy La fascia costiera dell’Emilia-Romagna è stata oggetto di un intenso sfruttamento delle risorse energetiche di sottosuolo già a partire dal dopoguerra. Le prime attività estrattive hanno interessato l’area del Delta del Po, ove, il prelievo delle acque metanifere ha prodotto un abbassamento del suolo stimabile in circa 8 cm/anno nel periodo 1958-1967 (Caputo et al., 197 0). Parallelamente venivano condotte le prospezioni in tutta la Pianura Padana e nel bacino Adriatico che hanno portato alla conoscenza e allo sfruttamento di numerosi giacimenti di gas metano lungo la fascia costiera dell’Emilia-Romagna e nell’area marina antistante. Si tratta di trappole geologiche, presenti a profondità variabili da circa 1500 a 4000 m, che si sviluppano soprattutto nelle formazioni plioceniche e del Pleistocene inferiore. Il primo pozzo a mare è stato perforato proprio davanti a Ravenna nel 1960, da dove inizia la produzione europea di gas dei giacimenti offshore (Assomineraria - RIE 2012) . A partire dal quel momento sono state via via più numerose le concessioni autorizzate allo sfruttamento di idrocarburi nel territorio regionale della fascia costiera e in quella marina antistante. Attualmente, delle 25 concessioni presenti lungo la costa emiliano-romagnola, fino al limite delle 12 miglia nautiche (limite delle acque territoriali), 6 non sono produttive, mentre nelle restanti 19 si contano oltre 110 pozzi eroganti ( fig. 1 ). Analizzando i dati di produzione resi disponibili dal Ministero Dello Sviluppo Economico si osserva che, a partire dal 2010, lo sfruttamento del gas di queste concessioni è fortemente calato fino a raggiungere valori totali annui pari a 1/7 del quantitativo estratto nel 1998, che con una produzione di 7.4 miliardi di Sm3, ha rappresentato l’anno di picco della produzione energetica di quest’area.

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