GNGTS 2018 - 37° Convegno Nazionale

84 GNGTS 2018 S essione 1.1 In questo lavoro studiamo il processo di preparazione del terremoto di Norcia del 30 ottobre 2016 (M W =6.5), analizzando le variazioni dello sforzo di Coulomb indotte dai 3 terremoti maggiori precedenti della sequenza sul piano di faglia dell’evento di Norcia, in relazione alla distribuzione dei terremoti della sequenza dal 24 agosto al 30 ottobre, prima del terremoto di M W =6.5. In particolare, analizziamo le variazioni di sforzo di Coulomb ( ΔCFF ) prodotte dal terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016 e dei due eventi di Visso del 26 ottobre 2016. Assumendo le distribuzioni di dislocazione determinate dall’inversione di sismogrammi (Chiaraluce et al. , 2017) e da quella di dati geodetici (Cheloni et al. , 2017) e utilizzando un programma di calcolo basato sulla teoria della dislocazione in un mezzo viscoelastico autogravitante (Wang et al. , 2006), calcoliamo la deformazione cosismica e postsismica e ΔCFF sul piano di faglia del terremoto di Norcia. Al fine di valutare i contributi dei singoli eventi, calcoliamo le variazioni in tre momenti distinti: 1) subito dopo il terremoto del 24 agosto; 2) dopo il primo terremoto di Visso del 26 ottobre; 3) dopo il secondo terremoto del 26 ottobre. I risultati indicano che l’evento del 24 agosto (M W =6.0) ha ridotto lo sforzo di Coulomb sulla parte meridionale del piano del terremoto di Norcia, producendo incrementi dell’ordine di alcuni bar nella parte centrale e inferiori a 0.5 bar nell’area più a nord in cui poi avverranno i terremoti del 26 ottobre. Le repliche di questo evento sul piano di faglia del terremoto del 30 ottobre avvengono prevalentemente nella parte periferica dell’area con ΔCFF negativa. Il 26 ottobre, a circa 60 giorni dall’evento sismico di Amatrice, avvengono due terremoti (M W =5.4 e M W =5.9), con epicentro localizzato circa 25 km a NNW da quello del 24 agosto. La distanza temporale dal 24 agosto fa escludere che ci possa essere stato un effetto di innesco istantaneo statico o dinamico. Un’analisi dell’evoluzione spazio-temporale della sequenza evidenzia un comportamento compatibile con un fenomeno di diffusione di fluidi crostali, che potrebbero aver contribuito a diminuire lo sforzo normale efficace sui piani di rottura dei terremoti di Visso, favorendone l’accadimento, come suggerito anche da Tung e Masterlark (2018). Poiché l’area di enucleazione dei terremoti di Visso è circa 10 km più a nord dell’epicentro del successivo terremoto di Norcia del 30 ottobre, si deve supporre che il contributo dei fluidi non sia stato sufficiente a innescare anche quest’ultimo o, come suggerito in alternativa da Walters et al. (2018), il passaggio dei fluidi attraverso l’area di nucleazione dell’evento del 30 ottobre sia avvenuta a profondità inferiore rispetto a quella alla quale sarà originato il terremoto. La variazione dello sforzo di Coulomb prodotta dagli eventi del 26 ottobre è caratterizzata dalla definizione di due aree in cui la nucleazione è sfavorita, localizzate nella parte più settentrionale del piano di faglia del terremoto di Norcia, e parallelamente da un ulteriore incremento della CFF nell’area centrale. Come già avvenuto per le repliche dell’evento del 24 agosto, la sismicità che segue i due terremoti del 26 ottobre si distribuisce nelle zone perimetrali delle aree con ΔCFF negativa. Infine, il 30 ottobre avviene il terremoto di Norcia. La dislocazione associata a questo evento rimane prevalentemente confinata alle zone di incremento di ΔCFF e, in particolare, a un’area i cui contorni, delimitati dalla sismicità precedente, si sono progressivamente ristretti probabilmente anche sotto un’azione di corrosione dello sforzo, favorita dall’advezione di fluidi crostali. Sulla base dell’analisi della distribuzione delle variazioni di sforzo di Coulomb e della sismicità avvenuta tra il 24 agosto e il 30 ottobre, noi proponiamo una interpretazione in cui gli eventi precedenti hanno favorito l’accadimento del terremoto di Norcia, sia aumentando la ΔCFF nella zona ipocentrale che corrodendo lo sforzo nell’area ipocentrale, e allo stesso tempo ne hanno limitato l’area disponibile per la rottura, diminuendone di fatto la magnitudo, cioè l’energia emessa. Assumendo un valore di accumulo costante dello sforzo pari a 0.0028 bar/anno (Mildon et al. , 2017), le variazioni di sforzo modellate nell’area ipocentrale contribuiscono a un anticipo del tempo di accadimento di questo evento di circa 400 anni. Questo valore rappresenta un

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