GNGTS 2019 - Atti del 38° Convegno Nazionale

GNGTS 2019 S essione 2.2 503 Tuttavia, sebbene il rischio sismico possa considerarsi non trascurabile sull’intero territorio italiano, esistono aree maggiormente esposte. Il presente contributo mira pertanto a fornire una breve ma esaustiva descrizione della metodologia utilizzata dagli autori per la costruzione della mappa di rischio sismico per il patrimonio edilizio residenziale italiano, partendo dai modelli attualmente disponibili per la caratterizzazione della pericolosità sismica, della distribuzione spaziale del valore esposto e dalla caratterizzazione statistica della vulnerabilità sismica delle varie tipologie edilizie presenti sul territorio nazionale. Vengono inoltre illustrati i risultati ottenuti in termini di disaggregazione delle stime di rischio sismico sia per ciascuna delle 8 tipologie edilizie appartenenti alla tassonomia di edifici adottata nel presente studio, che per ognuna delle 36 zone sismogenetiche costituenti il modello di sorgenti sismiche considerato. Costruzione delle mappe di rischio sismico. È anzitutto stato assunto un modello sismogenetico in grado di caratterizzare la sismicità del territorio italiano: la scelta è ricaduta sul modello sismogenetico utilizzato per lo sviluppo delle vigenti mappe di pericolosità (ZS9, Meletti et al. 2008) consistente in 36 zone sismogenetiche (Fig. 1a) caratterizzate da leggi di ricorrenza Gutenberg-Richter, i cui parametri sono stati definiti in accordo a Barani et al. (2009). Successivamente è stata definita una griglia di calcolo di mesh pari a 5 km, e sono stati identificati complessivamente 7237 epicentri appartenenti alle aree coperte dal modello sismogenetico: ogni zona sismogenetica è stata pertanto caratterizzata da un numero di epicentri di calcolo proporzionale alla sua estensione superficiale. In seguito, per ciascun epicentro di calcolo sono stati computati 6 scenari sismici di magnitudo equispaziate e comprese all’interno del range di magnitudo definito per ciascuna sorgente sismogenetica (Barani et al., 2009). Per ognuno dei 43422 scenari sismici si è valutato lo scuotimento in corrispondenza degli 8084 centroidi comunali utilizzando la legge di attenuazione proposta da Bindi et al. (2011), andando così a costruire una shakemap per ciascun evento in termini di accelerazione di picco al suolo (PGA), per un totale di 351023448 stime di PGA. Data la sostanziale assenza di zone sismogenetiche insistenti sul territorio sardo, si è deciso di non considerare la regione nelle successive elaborazioni utilizzate per la quantificazione delle perdite dirette. Il patrimonio edilizio residenziale è stato spazialmente rappresentato utilizzando i dati censuari ISTAT2011 (Istituto Nazionale di Statistica, 2011) dettagliati alla scala municipale, e considerando un valore unitario di costo di ricostruzione assunto omogeneo sull’intero territorio nazionale pari a 1200 €/m 2 . In Fig. 1b viene riportato il modello di esposizione utilizzato per il calcolo della mappa del rischio sismico. Sulla base dei dati disponibili nel modello di esposizione, è stata definita una specifica tassonomia per la caratterizzazione della vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio residenziale nazionale. Nello specifico, sono state considerate 2 classi di edifici in muratura (pre-1919 e post-1919), 2 classi di edifici con struttura portante a telaio in calcestruzzo armato non progettati sismicamente (con numero di piani al massimo pari a 2, o superiore ai 3), 2 classi di edifici con struttura portante a telaio in calcestruzzo armato progettati per resistere alle azioni sismiche (con numero di piani al massimo pari a 2, o superiore ai 3), e 2 classi di edifici a struttura mista muratura-calcestruzzo armato non progettati sismicamente e resistenti alle azioni sismiche. Per ciascuna delle 8 tipologie strutturali è stato adottato un set di curve di fragilità (Figura 1c), e sono stati definiti i rispettivi rapporti di costo di ricostruzione, necessari per il calcolo della perdita economica attesa corrispondente a un certo livello di PGA (Zanini et al., 2019a). Complessivamente sono stati considerati 5 livelli di danneggiamento crescente (DS0 - nessun danno, DS1 – danno lieve, DS2 – danno moderato, DS3 – danno esteso, DS4 - collasso), e per ciascuno di essi sono state definite le percentuali di costo di riparazione unitario relative adimensionalizzate rispetto al valore di costo di ricostruzione unitario, ed assunte pari a 0%, 15%, 40%, 65% e 100% rispettivamente per ciascuno dei 5 stati di danno precedentemente elencati, sulla base di alcune rielaborazioni svolte a partire dai dati presentati in Dolce e Manfredi (2015). Per ciascun scenario si è quindi proceduto alla stima del costo di riparazione

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