GNGTS 2021 - Atti del 39° Convegno Nazionale

25 GNGTS 2021 S essione 1.1 INDAGINI GEOLOGICHE, GEOFISICHE E PALEOSISMOLOGICHE LUNGO IL MARGINE MERIDIONALE DEL BACINO INTERMONTANO DI RIETI TRA GLI ABITATI DI RIETI E SANTA RUFINA (RI) V. Comerci 1 , A.M. Blumetti 1 , M. Caciagli 2 , P. Di Manna 1 , F. Ferri 1 , F. Fumanti 1 , L. Guerrieri 1 , P. Lorenzoni 3 , A.M. Michetti 4 , L.M. Puzzilli 1 , S. Urbini 2 1 Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia, ISPRA, Roma, Italia 2 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Arezzo, Italia 3 Largo Trasimeno 1, Rieti, Italia 4 Università degli Studi dell’Insubria, Como, Italia Il Commissario Straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nei territori interessati dagli eventi sismici del 2016 ha siglato un Accordo con INGV per la ridefinizione delle Zone di Attenzione delle Faglie Attive e Capaci (FAC) emerse dagli studi di microzonazione sismica (MS). INGV ha successivamente sottoscritto con ISPRA l’Accordo di Collaborazione scientifica per la ridefinizione delle Zone di Attenzione delle FAC nel territorio comunale di Cittaducale (RI) e Rieti. L’area oggetto di studio (Fig. 1a) è compresa tra i centri abitati di Rieti e Santa Rufina, al margine meridionale del bacino reatino, dove, dagli studi di MS, è stata ubicata una FAC e relativa Zona di Attenzione (CTMS, 2015). Evoluzione geologica e tettonica del bacino di Rieti La formazione ed evoluzione del bacino di Rieti è in stretta relazione con i processi distensivi caratterizzanti la catena Appenninica che, insieme al sollevamento regionale, controllano i tassi di estensione e la sedimentazione. Durante il Pleistocene inferiore, l’evoluzione del bacino è stata controllata da una faglia diretta posta lungo il margine orientale, con orientazione circa NNO-SSE (Cavinato et al ., 1989). Tale struttura ha agito come master-fault, determinando un progressivo approfondimento del semi-graben e favorendo la deposizione di potenti sequenze di depositi fluviali, prima di conoide alluvionale e poi di piana alluvionale (sintemi di Fosso Canalicchio - FC e Monteleone Sabino - MLS), secondo un drenaggio inizialmente da ESE e da NE e poi da SSE (Barberi e Cavinato, 1992). Tale faglia è ritenuta attiva, con certezza, fino al Pleistocene medio (Cavinato et al ., 1989; Cosentino et al ., 1992; Cavinato, 1993), mentre per Micarelli et al . (2003) nel Pleistocene superiore non sarebbe stata più attiva. Tuttavia, evidenze di fagliazione superfi- ciale lungo strutture collegate con questa faglia (siti di La Casetta e Caporio; Michetti et al ., 1995), sembrerebbero indicare un’attività anche nel Pleistocene finale – Olocene. Lungo gli altri margini del bacino di Rieti, già nel Pleistocene medio, sono state attive varie fa- glie dirette (Michetti et al ., 1995), che hanno dislocato i depositi del Pleistocene inferiore di alcu- ne centinaia di metri, determinando, in combinazione con il sollevamento regionale, un ulteriore approfondimento del bacino reatino e la diversione verso nord del reticolo idrografico del fiume Velino (Guerrieri et al ., 2006). Le strutture orientate E-O, lungo i margini settentrionale e meri- dionale del bacino avrebbero agito come strutture di trasferimento, successivamente alla faglia del bordo orientale (Cavinato, 1993). Evidenze di attività tettonica olocenica sono documentate lungo la faglia al bordo settentrionale (faglia di Rivodutri-Apoleggia a Piedicolle; Michetti et al ., 1995). Questo studio analizza una porzione del sistema di faglie del bordo meridionale del baci- no, al fine di accertarne l’attività nel Pleistocene superiore-Olocene. Sismicità storica e strumentale La conca di Rieti è stata epicentro di eventi sismici storici distruttivi. I cataloghi sismici CFTI- 5Med (Guidoboni et al ., 2019) e CPTI15 v3.0 (Rovida et al ., 2021) riportano nel bacino di Rieti

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